Gravidanza e maternità
La gravidanza
La gravidanza non è una malattia ed è importante che le donne e le coppie lo ricordino per non rendere questa bellissima esperienza un percorso a ostacoli di carte, esami, ansie e ospedali, carico di eccessi spesso inutili e costosi. Gli accertamenti essenziali sono pochi (le principali linee guida scientifiche consigliano tra 5 e 8 visite e 2 o 3 ecografie in tutto il periodo); tra l’altro in Italia il sistema sanitario li garantisce gratuitamente. Gli esami consigliati sono quelli che agli studi clinici hanno dimostrato di essere efficaci rispetto alla diagnosi di eventuali problemi e di non comportare rischi, se non minimi, per la madre e il bambino. Vediamoli.
Prima di partire
Anche se la maggior parte delle gravidanze non viene programmata, il ginecologo può essere consultato al momento in cui una coppia pianifica una gravidanza per capire se è necessaria una consulenza di tipo genetico o semplicemente i controlli di routine. Con un prelievo per esami del sangue si cercano i marcatori di alcune infezioni (epatite, sifilide, HIV, toxoplasma, rosolia), si verifica il gruppo sanguigno e in genere la buona salute della futura madre. Molto consenso ha ormai raccolto anche in ambito scientifico il consiglio di assumere già prima del concepimento e per tutto il primo trimestre di gravidanza una certa quantità di acido folico (o vitamina B9), attualmente in vendita in compresse da 0.4 mg da prendere ogni giorno. Sarebbe utile a tutta la famiglia, programmando una gravidanza, decidere di smettere di fumare (perché no?) anche in coppia.
Il primo trimestre
La prima ecografia si consiglia in genere tra la decima e la tredicesima settimana e serve ad accertare la presenza e la vitalità dell’embrione, a vedere dove si è posizionata la placenta escludendo gravidanze extrauterine, ad evidenziare eventuali malformazioni gravi o gravidanze gemellari e a datare precisamente la gravidanza in modo da fare una prima stima della data presunta del parto. Poiché l’embrione è molto piccolo in quest’epoca della gravidanza, in genere per la prima ecografia si usa la sonda transvaginale, mentre in seguito si possono ottenere immagini adeguate con la sonda esterna appoggiata sull’addome. Si consiglia inoltre di eseguire una serie di esami del sangue utili al controllo delle malattie infettive, delle riserve di ferro, degli eventuali anticorpi di incompatibilità tra madre e feto. Sulle urine si verifica la presenza di eventuali infezioni, la presenza di zucchero o di proteine che potrebbero indicare problemi di salute dei reni, diabete o pressione arteriosa non controllata. Non è necessario rivolgersi al medico per i piccoli disturbi tipici della gravidanza come la nausea, la stitichezza, il gonfiore o i crampi delle gambe che si possono controllare con piccoli accorgimenti alimentari, evitando l’alcol e l’uso di farmaci (compresi gli integratori, la cui composizione va sempre verificata dal medico!), usando vestiti comodi, limitando la fatica e facendo un po’ di movimento. Può essere invece importante contattare il ginecologo in caso di sintomi particolari come perdite di sangue, dolori importanti (di pancia o di testa), disturbi visivi, vertigini o febbre. La pressione sin dal primo trimestre andrebbe misurata con regolarità circa una volta alla settimana.
La diagnosi prenatale
Alcune anomalie congenite dei cromosomi, dei geni, alcune malformazioni, alcune malattie metaboliche e alcune infezioni fetali possono essere diagnosticate in modo diretto in epoca prenatale prelevando campioni di materiale biologico del feto stesso. I metodi più comunemente utilizzati per eseguire queste indagini sono l’amniocentesi e la villocentesi. Si tratta di esami che in genere vengono indicati alle donne che hanno un rischio aumentato di avere bambini con malattie genetiche o per familiarità o per positività ad altri test o per età avanzata. E’ importante che la donna sappia che la determinazione delle anomalie con questi metodi è sicura, ma la pratica è invasiva e comporta un rischio di aborto stimato intorno al 1%. La buona pratica clinica imporrebbe a ciascun centro di comunicare alle donne i propri dati specifici relativi all’abortività secondaria alla diagnostica prenatale. La decisione se fare o non fare questo tipo di esami dipende dal bilancio tra i rischi e i benefici del conoscere con anticipo le eventuali patologie del bambino, bilancio che per ciascuna donna e per ciascuna famiglia è differente. Nel dubbio è molto importante parlarne con il medico per essere sicuri di avere tutte le informazioni necessarie a decidere. La villocentesi consiste nel prelievo di una piccola quantità di villi coriali (tessuto tramite cui l’ovulo fecondato si connette all’utero), si può fare per via vaginale tramite un cateterino o attraverso l’addome con un ago e si fa sotto controllo ecografico. In genere l’esame si esegue tra la decima e la dodicesima settimana. Nei giorni successivi al prelievo si possono verificare delle piccole perdite di sangue, in genere non preoccupanti. L’amniocentesi consiste nel prelievo di una piccola quantità di liquido amniotico con un ago sottile che penetra nell’utero attraverso l’addome sotto controllo ecografico. Si esegue tra la quattordicesima e la sedicesima settimana. Nelle prime ore dopo l’esame può verificarsi una piccola perdita di liquido amniotico che in genere non crea complicazioni. I risultati delle analisi delle cellule, che vengono fatte moltiplicare su terreni di coltura fino a poter essere adeguatamente studiate, sono in genere completi in entrambi i casi dopo un paio di settimane. La diagnosi prenatale prevede anche delle tecniche indirette, non invasive (tramite ecografia o esami del sangue materno) che non comportano rischi per la gravidanza e quindi possono essere utilizzate più tranquillamente come screening, anche per selezionare i casi a rischio più alto. Le tecniche non invasive, a differenza delle precedenti, non assicurano la certezza del risultato, ma ne stimano una probabilità statistica, con il rischio di segnalare falsi positivi o negativi (casi cioè in cui sembra vi sia un’anomalia che in realtà non c’è e viceversa). Non sono quindi indicati per chi abbia il desiderio di conoscere con certezza se il feto porta un corredo di cromosomi normale o non normale. Anche per questo tipo di esami è importante consultarsi con il medico in modo da essere bene informati sul valore delle diverse tecniche e poter decidere prima con calma se farli o meno. Il duo test si esegue in genere intorno all’undicesima settimana e combina il risultato della ricerca di due sostanze nel sangue materno. Il risultato tiene conto anche dell’età della madre e dell’epoca di gestazione. La traslucenza nucale (o NT) è la misura dello spessore della plica nucale sul collo del feto, che correla secondo molti studi con la presenza di sindrome di Down o altre anomalie cromosomiche. Il metodo corretto per eseguire questo esame prevede l’adeguata preparazione del medico ecografista e l’uso di apparecchiature di alta qualità in modo da ridurre al minimo i risultati falsi positivi e negativi, che comunque in una certa misura percentuale rimangono anche nei centri di riferimento di grande esperienza. Il triplo test si esegue tra la quindicesima e la diciassettesima settimana e consiste nel dosaggio sul sangue materno di tre sostanze prodotte dal feto e dalla placenta che viene combinato con l’età materna, il peso e l’epoca gestazionale per stimare il rischio di sindrome di Down. Per le caratteristiche del calcolo statistico il test non viene ritenuto raccomandabile dopo i 35 anni di età. Integrando i risultati di tutti i precedenti test non invasivi si è visto che aumenta in modo significativo l’efficacia diagnostica rispetto ai risultati dei singoli esami. Si parla in questo caso di test integrato.
Il secondo trimestre
Gli esami di laboratorio verificano in questo momento solo l’eventuale presenza di diabete, di anemia e di infezioni urinarie. Per chi era negativo al primo controllo si ripete il toxo test. Non sono considerati utili se non in casi particolari ulteriori accertamenti biochimici. L’ecografia del secondo trimestre viene eseguita in genere tra la ventesima e la ventiduesima settimana e serve a valutare le dimensioni del feto e dei suoi organi interni per escludere eventuali malformazioni. Ridotta la nausea si comincia ad apprezzare il cambiamento del corpo che diventa bello e non è ancora troppo ingombrante. L’alimentazione deve essere varia e ricca di cibi freschi, senza limitazioni se non in caso di aumento di peso eccessivo o diabete gestazionale. I limiti seri sono quelli agli additivi, ai coloranti, agli alcolici e alla carne cruda per chi è negativo al test per la toxoplasmosi. Si deve mantenere una buona attività fisica evitando gli sport pericolosi o traumatici e gli eccessi di fatica, si può continuare ad avere rapporti sessuali. Bisogna ricordarsi di mantenere una buona igiene orale senza preoccuparsi di integrare minerali se non in casi particolari. Può aumentare in modo transitorio la miopia fino a dopo il parto perché la cornea si inspessice lievemente.
Il terzo trimestre
In questo periodo gli esami del sangue tornano ad essere un po’ più numerosi. Si controlla infatti la buona salute della gestante, l’eventuale anemia, ma anche la buona funzione della coagulazione e del metabolismo in vista del parto. Si ripete l’esame delle urine con ricerca di eventuali batteri. L’ecografia si consiglia tra la trentesima e la trentaquattresima settimana e il medico verifica soprattutto che il feto cresca regolarmente, si vede se si è girato a testa in giù in vista della nascita e si controlla che ci sia una giusta quantità di liquido amniotico. Si verifica inoltre la posizione e la funzionalità della placenta.
Il travaglio ed il parto
Tra la trentasettesima e la quarantaduesima settimana, senza che si possa prevederne con precisione la data, il travaglio si presenta con contrazioni ritmiche intervallate di circa mezz’ora della durata di circa mezzo minuto ciascuna. Si può perdere del sangue, del muco o il liquido amniotico se si sono già rotte le membrane che hanno protetto il bambino per nove mesi. Si può bere e mangiare piccoli pasti leggeri, si può assumere la posizione che si sente più comoda e ci si prepara ad andare in ospedale. Una volta in ospedale l’ostetrica con il medico accompagnano la donna attraverso le fasi successive del travaglio e del parto. La registrazione cardiotocografica consiste nel monitoraggio del battito cardiaco del feto e contemporaneamente delle contrazioni dell’utero. Il monitoraggio consente di valutare il benessere del bambino durante il travaglio e viene fatto tramite uno strumento che rileva gli ultrasuoni e viene appoggiato sull’addome, fissato con una fascia. Alla nascita la buona salute del neonato viene valutata sul respiro, sul battito cardiaco, sui riflessi e il tono muscolare e sul colorito della pelle. Il cosiddetto “indice di Apgar” (un punteggio che varia da 0 a 10) viene assegnato dal pediatra al momento della nascita e dopo cinque minuti e serve a individuare i bambini che hanno bisogno di maggiore assistenza nelle prime ore o nei primi giorni di vita. Se il travaglio non avviene spontaneamente dopo la quarantaduesima settimana o il feto non appare in condizioni ottimali il medico può decidere di indurre il parto tramite la somministrazione di farmaci che avviano le contrazioni. L’anestesia epidurale o peridurale permette di sottrarre la donna al dolore delle contrazioni senza addormentarla. In pratica nella regione lombare nello spazio tra due vertebre viene posizionato un tubicino tramite cui viene somministrato un anestetico. Si tratta di una pratica molto diffusa in Europa e negli Stati Uniti, ma ancora poco organizzata in Italia, dove non è sempre disponibile, in particolare di notte o nei giorni festivi. Se viene eseguita da operatori esperti le complicanze sono molto rare. In Italia il parto cesareo viene praticato molto più frequentemente (fino al 40%) di quanto raccomandi l’Organizzazione Mondiale della Sanità (non più del 15%). Andrebbe eseguito in caso di necessità (per esempio in caso di parti gemellari, di presentazione podalica, di malfunzionamento dell’utero). Molte donne frequentano corsi di preparazione al parto in cui operatrici ostetriche ginecologhe e psicologhe (in grande maggioranza donne) trasferiscono al gruppo delle future mamme tutto il sapere che una volta veniva assorbito dalle bambine e delle ragazze in famiglia. E’ importante, in particolare per chi è sola e soprattutto alla prima gravidanza poter condividere con altre donne questo periodo con tutto il carico di aspettative, ansia ed entusiasmo che lo caratterizzano.
Molti centri offrono alle neomamme anche assistenza dopo il parto per tutto quello che riguarda l’allattamento e le problematiche della prima infanzia.
Autore: Dott.ssa Silvia Muggia Co.S. Consorzio Sanità